domenica 31 luglio 2011

Meno asili, più bagasce. Evviva le pari opportunità.

Adesso lo so. So perché non potrei mai fare il politico. Prendiamo il ruolo di consigliere comunale, per esempio. Il mio rapporto con un partito si incrinerebbe già di fronte al primo grande ostacolo: entrare a fare parte della commissione Pari opportunità. Col cavolo, direi ai colleghi, nel recinto con la targa 'donna' addosso ci andate voi, io no di sicuro. Una commissione di sole donne. Da uscirne a pezzi. Pensate che cosa accadrebbe se anche magistrati, avvocati, dottori, ragionassero seguendo gli stupidi schemi della politica. Alle donne la ginecologia e ai maschi tutto il resto.
Già il nome 'pari opportunità' è di quelli che dovrebbe fare riflettere. Va bene che un ministero con lo stesso nome fa parte del governo, ma dai comuni in giù scappa da ridere. Suvvia, chi non ci ha mai pensato. Il ruolo di una pubblica amministrazione è - appunto - quello di amministrare il bene pubblico. Si spendono i soldi dei cittadini garantendo (almeno così dovrebbe essere) un livello possibilmente buono di servizi e si pensa a chi ha bisogno di assistenza. Fuori dalla normale amministrazione si pensa quindi a chi è in condizioni di disagio sociale, tra cui indigenti e immigrati, con un assessorato ad hoc, ai diritti degli animali e a quelli delle donne. Capito? Di fatto, a Ravenna per esempio, che cosa resta nella memoria degli ultimi cinque anni di assessorato alle Pari opportunità? Un corso di stirologia dedicato agli uomini per dare alle donne la certezza di un aiuto in casa. Urrà. Da quel giorno mi sono svegliata ogni mattina più serena. Serenità che cresce, cresce, cresce tutte le volte che le donne scendono in piazza per difendere i miei diritti. Cribbio, mi dico, forse dovrei fare lo stesso: anche io dovrei ululare contro lo spogliarello di Campiano, sputare bile contro Berlusconi perché tratta le troie da troie (scusate la franchezza!), firmare un manifesto per impedire che nella mia città le donne si spoglino sui poster pubblicitari.
Alla fine, accidenti alla quotidianità perché mi fa smarrire il senso di beatitudine scatenato da questi pensieri. Eh sì, perché quando mi ricordo che devo andare a pagare la retta dell'asilo - PRIVATO - di mia figlia qualche dubbio, ahimè, mi assale.
Sarà perché gli asili non sono roba da bagasce che nessuno qui è sceso in piazza per condannare che 200 bambini siano rimasti fuori dalle graduatorie? Ma allora, se Berlusconi diventa casto, il Pd smette di appoggiare gli spogliarelli in piazza, le pubblicità sposano il burka, mia figlia troverà finalmente posto all'asilo pubblico?